Quando si va dallo psicologo?
- StudioAssociatoÀgape
- 16 ott 2020
- Tempo di lettura: 5 min
La società sta finalmente iniziando a comprendere che andare dallo psicologo/psicoterapeuta non significa “essere pazzi”.
Su questo siamo tutti più o meno d’accordo!

Eppure sono tante ancora le domande che ci si pone e che possono frenare la decisione di rivolgersi ad un professionista della salute psichica.
Proviamo a rispondere ad alcune di queste domande che ci sono state poste in maniera più o meno diretta.
Perché andare dallo psicologo?
La psicoterapia non è solo la cura della patologia, intesa come disturbo mentale.
La psicoterapia può essere una risorsa per tutti.
Nell’arco della propria esistenza ciascuno si troverà a vivere situazioni, traumi, difficoltà, eventi che non è in grado di gestire da solo. Chiedere aiuto non rende più deboli, anzi, è il primo passo per rafforzarsi e procedere lungo il proprio cammino.
Inoltre, la psicoterapia è un processo di conoscenza profonda di sé che talvolta può aiutare anche ad orientare meglio le scelte sul proprio futuro.
Facciamo ora qualche esempio di situazioni che possono richiedere un aiuto specialistico:
- difficoltà a dormire,
- fobie;
- attacchi di panico;
- difficoltà con il cibo;
- ipocondria;
- disturbo ossessivo compulsivo;
- stati depressivi;
- incapacità a controllare l’aggressività;
- disturbi affettivi;
- bassa autostima;
- difficoltà a relazionarsi;
- crisi temporanee;
- paure irrazionali
- sbalzi dell’umore costanti
- lutto patologico ed eventi traumatici
- abusi e dipendenze (droghe, alcool, tabacco, cibo, sesso).
ma anche….
- per trovare maggiore serenità
- per affrontare difficoltà sociali, familiari, relazionali, scolastiche, lavorative,
- per uscire da situazioni di blocco
- per liberarsi da un eccesso di ansia, stress, impulsi, paure, pensieri e sentimenti negativi (tristezza, paure irrazionali, etc.)
- per migliorare il proprio carattere
Perché un adolescente dovrebbe andare dallo psicologo? Che problemi può mai avere?
Ci si chiede perché un ragazzo debba mai andare da uno psicologo, come se i motivi dovessero essere legati solo ai “pensieri” da adulto, che stressano ed esauriscono.
Quali pensieri può mai avere un adolescente?
Non ha grandi responsabilità, non ha grandi problemi.
Questo luogo comune trascura la parte “psi” proprio del divenire adulti, che per un ragazzo è un vero e proprio lavoro!
L’adolescenza è il periodo per antonomasia della crisi e del cambiamento.
Tutto cambia: il corpo, la vita relazionale, i modelli, il rapporto con l’autorità.
Ciò non significa che si debba incorrere necessariamente nella “patologia”, né che tutti gli adolescenti abbiano bisogno di un supporto psicologico.
Significa che un adolescente potrebbe avere delle difficoltà nell’attraversare una fase cruciale della propria vita. E questo è proprio uno dei momenti più importanti per cogliere dei segnali di malessere, prima che si cristallizzino in patologia.
Tutto può ancora essere soggetto a cambiamento.
Perché invece un adulto dovrebbe andare dallo psicologo?

Anche i più grandi possono attraversare dei brutti momenti. Alcuni adulti spesso pensano di andare dallo psicologo ma poi in realtà non lo fanno mai: mancanza di tempo, impegni di lavoro, faccende da sbrigare... queste rappresentano delle resistenze e non fanno altro che tenere accantonati i problemi senza mai provare a risolverli.
Qualcun altro invece arriva al limite delle proprie forze e, come se fosse un’ultima spiaggia, decide di provare questa esperienza e coglierne i benefici.
L’inizio di un percorso può aiutare a prendere consapevolezza di quello che non va e aggiustare il tiro rispetto agli aspetti disfunzionali della propria vita.
La psicoterapia può aiutare, tra le altre cose, a migliorare la capacità di tollerare le frustrazioni, controllare gli impulsi, riflettere sulle modalità relazionali, imparare a gestire i conflitti e comprendere le cause dei propri comportamenti.
E un genitore?
Anche i genitori posso chiedere in alcuni momenti un supporto psicologico.
Ci sono momenti in cui mancano le energie per prendersi cura dei propri figli, altri in cui risulta veramente difficile gestire la conflittualità con loro.
Spendere un po’ del proprio tempo in un percorso psicologico non è sottrarlo ai propri figli ma investirlo per poter essere più capaci e disponibili a svolgere il proprio ruolo genitoriale.
Come lo psicologo può essere d’aiuto?
Può un estraneo capirci più di noi stessi e dei nostri familiari?
Quanti consigli ricevuti e mai ascoltati, cosa può cambiare andando dallo psicologo? Facciamo un po’ di chiarezza…
Non basta dire ad una persona cosa dovrebbe fare o come dovrebbe sentirsi affinché questa cambi rotta e stia meglio.
Se una persona con una bassa autostima va dallo psicologo questo non starà di certo lì a dirgli quanto sia bella ed in gamba. Significherebbe svalutare il modo in cui la persona si sente, cosa probabilmente già accaduta più volte e che toglie valore alla persona stessa.
Empatia, comprensione, ascolto, costruzione di una relazione di fiducia sono gli strumenti che lo psicologo utilizza per accogliere il disagio della persona ed aiutarla a costruire qualcosa di nuovo.
Cosa avviene durante il primo colloquio?
Il primo colloquio rappresenta uno spazio basato soprattutto sull’ascolto della problematica ma anche della storia del paziente.
Al tempo stesso i primi colloqui rappresentano già un inizio del lavoro, il paziente incomincia ad accorgersi, con l’aiuto del professionista, che il problema non è solo come lo vedeva lui. Insieme, dunque, si ridefinisce il motivo del malessere e si focalizzano gli obiettivi.

Che benefici si hanno?
La riduzione dei sintomi non è l’unico beneficio, anzi all’inizio di una terapia si può assistere all’acutizzazione di quei sintomi.
Il sintomo (fobia, ansia, aspetti depressivi, aspetti maniacali etc, panico etc) rappresenta il tentativo della mente di far emergere il malessere ma anche un modo per non cambiare perché il vero cambiamento è vissuto come più pericoloso del sintomo stesso.
Le prime fasi di una terapia sono delicate e richiedono un grande sforzo da parte del paziente, poiché si avverte che c’è molto da mettere in discussione per cambiare.
Il vero beneficio di una terapia ha a che fare con la libertà.
Il paziente è aiutato ad avere una maggiore consapevolezza delle cause del proprio stare male, di ciò che lo blocca creandogli malessere. Ciò lo renderà più libero di decidere per sé e di fare ciò che gli permetta di raggiungere una maggiore serenità.
Può fare inoltre un’esperienza correttiva con il terapeuta, ovvero sperimentare un rapporto diverso da quello che si è trovato a vivere nelle relazioni primarie.
Qual è il momento giusto per affidarsi ad un professionista?
Non esiste un solo” momento giusto”, piuttosto ce ne sono vari, ad ognuno il suo.
Quando ad esempio i sintomi (es. ansia, depressione, stress…) aumentano progressivamente di intensità e frequenza, persistendo troppo a lungo nel tempo e incidendo negativamente nella varie sfere della propria vita bisogna pensare di chiedere aiuto o di suggerirlo nel caso sia un’altra persona a presentare le difficoltà.
Provare a farcela a tutti i costi da soli, colpevolizzandosi in caso di fallimento e facendo passare tempo può contribuire solo a cronicizzare la problematica ed a diminuire le possibilità di ripresa.

Oppure quando si nota il ricorrere di alcune situazioni per cui ci si ritrova a commettere sempre i medesimi errori o ci si sente vittime sempre delle stesse circostanze. In queste occasioni un primo
passo per far andare le cose diversamente è fermarsi e provare a riflettere su cosa porta al ripetersi ciclico delle situazioni.
Un altro momento favorevole è quello in cui in una coppia o in una famiglia ci si rende conto che qualcosa non permette più di stare bene insieme e piuttosto che continuare a cercare colpevoli, si chiedere aiuto per capire cosa sta accadendo ed eventualmente come poter tornare ad essere felici.
Capita poi che si decida di cambiare le cose puntando sulla propria volontà…
“Da domani smetto di farmi sfruttare” ad esempio.
Da soli, tuttavia, può essere difficile perché si fatica ad avere una visione ampia, quella visione in cui si uniscono i puntini; come quando si guarda il cielo, alla ricerca delle costellazioni.
Le emozioni ci portano a visualizzare il problema sempre dalla stessa prospettiva, ad accorgerci solo di alcuni puntini e solo di alcuni collegamenti, o nessuno.
Il cambiamento basato solo sulla volontà è destinato a fallire.
Occorre piuttosto una comprensione profonda delle emozioni su cui si è bloccati e che portano ad agire sempre allo stesso modo.

Dott.ssa Maria Damiano
Psicologa Psicoterapeuta
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Dott.ssa Maria Damiano 3294563672
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FONTI IMMAGINI:
Foto scattata dello studio associato "Agape"
Peanuts da Pinterest
Mark Kostabi
Nicolò Canova
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